Produttore di Natura
24 Marzo 2023

Mantenere i servizi ecologici è una necessità assoluta !

La gestione della biodiversità sta cominciando a permeare le politiche pubbliche a diversi livelli nazionali e internazionali. Lo dimostra la recente Conferenza delle Parti (Cop 15) tenutasi a Montreal dal 7 al 19 dicembre 2022 e che ha portato all’adozione di una risoluzione firmata da 116 paesi per la protezione del 30% della terra e del 30% degli oceani entro il 2030 !

Anche la questione dei servizi ecologici forniti dagli ecosistemi, compresa la biodiversità, sta emergendo nel dibattito pubblico con crescente acutezza. Alcune aziende, come i silvicoltori, hanno colto il problema rivendicando il diritto al risarcimento per i servizi che aiutano a preservare (regolamento: stoccaggio del carbonio).

Sulla base di questa tendenza, è ora importante mettere in atto gli strumenti per regolamentare o addirittura supervisionare queste nuove pratiche. La produzione e il mantenimento di servizi ecologici devono essere riconosciuti e valorizzati, ma non si tratta di stabilire un sistema fallibile che avalla le pratiche correnti o rischia di generare speculazioni eccessive. La valorizzazione dei servizi ecologici, per essere equa ed efficiente, deve essere accompagnata dall’istituzione di uno status di produttore della natura.

Stato di avanzamento dello sviluppo :
In termini di gestione responsabile delle risorse naturali, è importante affrontare le specificità della pianificazione territoriale :
Le aree edificate o urbane occupano dal 3 al 5% del territorio nazionale e le aree agricole, forestali e naturali circa il 92% (le aree naturali protette circa il 2%).

Ci sono 2 tipi di spazi :

  • SPAZI ARTIFICIALIZZATI, che rappresentano la maggior parte dell’urbanizzazione, della produzione industriale e quindi della ricchezza del paese. Occupano dal 3 al 5% del territorio nazionale
  • SPAZI NON ARTIFICIALI, a sostegno delle attività agricole e forestali, delle attività ricreative e della produzione di biodiversità. Rappresenta circa il 92% della superficie nazionale. Con l’artificializzazione dei suoli a beneficio dell’urbanizzazione e delle infrastrutture che continua a progredire ad un ritmo di 80.000 ettari / anno, il futuro della biodiversità si giocherà essenzialmente nelle aree non urbane. Con un imperativo ora ben chiaro: conservare il 30% delle terre selvagge entro il 2030!

La priorità è riconoscere che gli agricoltori, i silvicoltori e più in generale tutti i proprietari terrieri gestiscono un patrimonio vivente inestimabile, fonte di molteplici servizi ecologici.

Questo patrimonio vivente costituisce :

  • biodiversità domestica, quella di cui l’uomo controlla tutto o parte del genoma e su cui si basa l’attività agricola e parzialmente forestale. Naturalmente questa biodiversità domestica proviene dalla biodiversità selvatica da un periodo che va dal Neolitico ai giorni nostri.
  • la biodiversità selvatica, quella di cui l’uomo si avvantaggia, senza controllare il genoma, spesso anche senza sospettarne l’esistenza.

Questo patrimonio vivente deve diventare una questione importante nelle politiche pubbliche perché è la fonte di molteplici servizi ecologici su cui si basano tutte le attività umane.

Se l’ecologia si decide nelle città, essa si realizza però nelle campagne. Perché in ultima analisi, sono i proprietari di spazi non artificiali che mantengono e manterranno il capitale naturale. E sono proprio questi stessi GESTORI DELLA BIODIVERSITÀ che permetteranno a questi spazi di riflettere tutto il loro potenziale naturale. Circa il 70% del territorio metropolitano nazionale appartiene a proprietari privati ai quali, di fatto, la Comunità delega il mantenimento degli ecosistemi, utilizzando il vincolo (leggi sull’urbanistica, l’acqua, le aree protette…) piuttosto che la responsabilità e gli incentivi. In Francia come nella maggior parte dei paesi europei, la biodiversità è UNA QUESTIONE PUBBLICA svolta, per la maggior parte, in ambito PRIVATO.

Tuttavia, a parte il valore degli edifici, questi spazi non artificializzati sono di scarso interesse per i loro proprietari. Anche nelle regioni in cui la produzione agricola ha ancora un notevole valore aggiunto. Ad esempio, i vigneti di Graves o Bandol minacciati dalla crescente urbanizzazione delle città che sostengono queste prestigiose denominazioni !

Saremo in grado di conservare abbastanza territori non urbanizzati per garantire alle generazioni future autonomia alimentare e il massimo potenziale naturale?

Come incoraggeremo un proprietario terriero a fare la scelta economica di mantenere la sua terra in uno spazio non sviluppato, quando sarebbe nel suo interesse venderla come terreno edificabile? Come aiuteremo un proprietario a mantenere la biodiversità della sua terra, quando questo mantenimento genera nel migliore dei casi un reddito basso, nel peggiore negativo? Anche se è un bene comune, la Natura è essenzialmente gestita da proprietari privati che sanno che non è gratuita! Possiamo dare loro i mezzi per conservare il potenziale naturale di queste terre creando un nuovo status: quello di PRODUTTORE DI NATURA.

 

Patrice LONGOUR


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